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Nocciole e cimice asiatica, la preoccupazione continua

cimice asiatica

La cimice asiatica, secondo gli ultimi dati del Centro Servizi Ortofrutticoli, avrebbe causato perdite per un valore di 350 milioni di euro all’agricolatura. In Piemonte, ci sono le nocciole tra le varietà più colpite. Già nel 2017, la Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo aveva stanziato trecentomila euro per la ricerca triennale Haly-end, un progetto contro la halyomorpha halys, nome scientifico della cimice asiatica, che ha coinvolto il Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, l’agenzia 4A e la fondazione Agrion. In parallelo sono state avviate attività di indagine supportate dalla Ferrero e dalla Regione. Tutto ciò ha portato all’istituzione dell’Osservatorio cimice asiatica che martedì scorso, nel Centro ricerche Ferrero di Alba, ha fatto il punto sui risultati finora ottenuti. Il presidente della fondazione Crc, Giandomenico Genta, ha dichiarato: La ricerca è uno degli assi di lavoro del progetto Agroalimentare 4.0, l’iniziativa con cui la Fondazione intende contribuire allo sviluppo e alla competitività della provincia di Cuneo attraverso il sostegno all’innovazione del settore agroalimentare. Un settore strategico che si distingue per la qualità dei suoi prodotti, chiamato ad affrontare sfide impegnative come l’apertura globale dei mercati, il cambiamento climatico, l’uso efficiente di risorse ed energia e la tutela della salute dei cittadini“.

A proposito della ricerca, la Gazzetta d’Alba riporta che “le perplessità sono legate alla soluzione che prevede il controllo biologico, sperimentato attraverso l’immissione in un noccioleto di Cherasco di mille esemplari di anastatus bifasciatus, una vespetta autoctona grande pochi millimetri capace di parassitizzare le uova di molte specie, tra cui quelle della cimice. «Riproducendosi non solo a scapito della cimice ma anche di altri insetti ed essendo molto mobile, ha dimostrato di prediligere aree più naturali, rivelandosi non abbastanza efficace nel contrasto alla cimice nei frutteti», spiega Luciana Tavella dell’Università di Torino. Al contempo, però, sono stati da tempo rilevati due parassitoidi esotici e specifici dell’halyomorpha halys – il trissolcus japonicus, la nota vespa samurai, e trissolcus mitsukurii – ritenuti i più efficaci antagonisti della cimice nell’area di origine. Quale sarà il loro ruolo nel futuro è ancora presto per dirlo ma, come lasciano intendere dall’Università, hanno dimostrato di sapersi insediare e diffondere nel nostro territorio.

Ha invece colpito, in positivo, l’utilizzo di sostanze ad attività battericida, capaci di neutralizzare i batteri simbionti rilasciati dalla femmina di cimice, indispensabili per la sopravvivenza dei piccoli. Questo metodo è stato analizzato dapprima in laboratorio e poi in un noccioleto a Carrù. «I primi risultati in campo si sono rivelati particolarmente interessanti», evidenzia Alberto Alma dell’Università di Torino, aggiungendo: «Per avere un’analisi definitiva occorrerà attendere l’elaborazione di tutti i dati raccolti nell’ultima campagna di ricerca, ma è già possibile affermare che, nelle prove, è stata osservata un’effettiva riduzione del danno alla raccolta»”.

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