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Nocciolo, per i Nebrodi chiesta la calamità naturale

nocciola

La situazione del nocciolo dei Nebrodi è sempre più difficile. Tanto che il comitato “Nocciolo Patrimonio da Tutelare”, costituitosi nei giorni scorsi proprio per affrontare la drammatica situazione che ha colpito il settore corilicolo nebroideo, ha chiesto la dichiarazione dello stato di calamità naturale per i danni causati dai ghiri e dal cimiciato (attacco delle cimici ai frutti di nocciolo). L’effetto combinato di questi roditori e questi insetti ha infatti infestato e distrutto buona parte della pregiata produzione che, quando presente, è esportata in tutto il mondo. Nel corso della conferenza stampa organizzata a Montalbano Elicona sono stati denunciati gli ingenti danni riscontrati nel territorio che comprende i 23 comuni corilicoli dell’area dei Nebrodi ed in particolare: Ucria, Raccuia, Sinagra, Tortorici, Castell’Umberto, Montalbano Elicona, Roccella Valdemone.

Su circa 5.000 ettari di noccioleti ricadenti in questi comuni, si stima un danno che si aggira tra il 70 e 80% dell’intera produzione. Sui rimanenti 5000 ettari degli altri comuni nebroidei e della provincia di Messina, si è riscontrato un danno del 25% che, in totale, ammonta a 27 milioni di euro, con la conseguente perdita di circa 100 mila giornate di lavoro.

“Abbiamo lanciato un vibrante grido di allarme – ha dichiarato il professore Matteo Florena, presidente dell’associazione culturale Nebrodi – chiedendo la dichiarazione dello stato di calamità naturale. La costituzione del comitato – nasce dalla volontà di individuare e praticare le soluzioni, in sinergia con le Istituzioni Regionali e Nazionali, in grado di arrestare questa forza distruttiva che potrebbe definitivamente annientare un settore produttivo di eccellenza per il territorio dei Nebrodi, dove la coltura risulta complessivamente rappresentata per circa 11.000 ettari. Chiediamo pertanto alle istituzioni di intervenire tempestivamente per preservare e valorizzare questa risorsa fondamentale anche per la saldezza e la conservazione del territorio, oltre che per la salvaguardia dell’economia delle aree interessate”.

E’ necessario ricostituire l’equilibrio biologico – ha spiegato l’agronomo ed esperto di settore Sebastiano Galvagno. Oggi ci troviamo con una massiva presenza di ghiri mai registrata nei corileti messinesi. Lo spargimento indiscriminato di micidiali insetticidi a base di ddt negli Anni ‘60 è stata la principale causa della scomparsa anche di tutti i predatori sia dei ghiri sia delle cimici del nocciolo. La soluzione parziale della problematica potrebbe giungere anche dalla reintroduzione di rapaci notturni quali l’allocco, il gufo comune e il barbagianni ma, soprattutto, nell’immediato e per riequilibrarne la consistenza, da azioni massive di prelievo ed allontanamento della popolazione di ghiro, specie animale tutelata dalle norme sulla caccia. Per contenere, invece, il danno causato dalla cimice, un intervento risolutivo potrebbe finalmente giungere dall’utilizzo della biofabbrica di Ramacca, di proprietà dell’ESA (Ente di Sviluppo Agricolo), per l’allevamento massivo degli antagonisti naturali della cimice stessa, già da tempo individuati dall’Università di Palermo. Questi interventi naturali di contrasto – ha continuato Galvagno – potrebbero contribuire a risollevare l’economia collegata al settore, con un investimento economico minimale stimato intorno a circa 70 mila euro”.

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