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Castagne, il cinipide fa crollare la produzione in Campania

castagne

Le castagne italiane sono ancora in grande pericolo a causa dell’insetto noto come cinipide galligeno o “vespa cinese”. A riferirlo in questi giorni è stata Coldiretti, che evidenzia come la situazione sia estremamente critica soprattutto in Campania, prima regione produttrice. Qui, le stime di danni da cinipide arrivano anche a ipotizzare un 90% in meno di produzione rispetto ai livelli normali. In Nord Italia, invece, dove la lotta biologica alla vespa cinese sembra essere stata efficace, è previsto un leggero aumento di produzione, anche se permangono comunque problemi a causa della siccità dei mesi scorsi.

Il raccolto di castagne sarà quindi secondo Coldiretti inferiore ai 20 milioni di chilogrammi nel suo complesso, seppure la qualità sarà comunque elevata.

Mentre al nord la lotta al cinipide sta producendo risultati soddisfacenti – spiega l’associazione agricola – al centro-sud all’andamento climatico non ottimale si è aggiunta la recrudescenza dei danni del cinipide, arrivato in queste aree più recentemente e non ancora debellato. Rimane pertanto ancora difficile la situazione di quello che Giovanni Pascoli chiamava “l’italico albero del pane”, simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni. Il raccolto di castagne Made in Italy, con una qualità comunque ottima, rimarrà quest’anno inferiore ai 20 milioni di chili dello scorso anno, ben al di sotto delle medie storiche. Basti dire che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era il triplo rispetto a quella attuale. Con la frenata della produzione nel centro-sud, resta il rischio – continua la Coldiretti – di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto dalla Spagna, dal Portogallo, dall’ Albania. Nel corso del 2015, nonostante la parziale ripresa della produzione nazionale, l’Italia ha importato oltre 32 milioni di chilogrammi di castagne (ne importavamo 6 milioni di chilogrammi nel 2010), spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori”.

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